Stromboli, isola di fuoco
Nei primi giorni di luglio l'attività vulcanica a Stromboli è entrata in una nuova fase, fenomeni già osservati in passato. L'isola però convive con la sua natura ogni giorno.
Questa newsletter di Poster ha qualcosa in comune con quella delle settimana precedente, in cui abbiamo parlato di Campi Flegrei, entrambe hanno a che fare con i vulcani. Mentre per la caldera napoletana, però, l’attività in questo momento viene percepita dalla popolazione principalmente sotto forma di terremoti, sull’isola eoliana colate di lava e flussi piroclastici hanno messo il fenomeno sotto gli occhi di residenti e turisti.Questa puntata raccoglie un approfondimento sulla situazione vulcanica curato attraverso un’intervista a Francesca Bianco, direttrice del dipartimento vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia; un reportage fotografico di Gaia Squarci che da anni lavora sul rapporto tra uomo e territorio vulcanico a Stromboli; la testimonianza di Roberto Marone, co-editore di Poster, che in questo momento si trova a Stromboli.
Lo Stromboli è uno dei vulcani più attivi del mondo, che ha emesso fontane rosse negli ultimi 5.000 anni. Gli antichi marinai lo chiamavano "il Faro del Mediterraneo", perché li aiutava a orientarsi in mare durante la notte. Oggi la gente vive in due villaggi, incastrati tra i crateri e il mare. Pochi sono nati lì e ancora meno sono rimasti. Altri hanno scelto la roccia come rifugio dai propri errori, dalle leggi altrui, dalle automobili e dai grattacieli. Le persone provengono da diversi ceti sociali, ma ciò che le accomuna è il fatto di vivere in un paesaggio la cui quiete, spesso idilliaca, nasconde un potere spaventoso. Anni passati per le strade della città possono intorpidire la capacità di vedere la mortalità come parte della vita e Stromboli aiuta a recuperare la prospettiva, a ridimensionare la propria esistenza per negoziare un rapporto più sano con essa.
L'isola sembra un sogno al chiaro di luna, troppo affascinante per non essere sinistro. Sulle sue scogliere la gente sta in piedi su pietre a volte più giovani di loro, modellate come la cresta delle onde marine dall'incontro del magma con il vento, e la tensione di fondo, il "fuoco" che scorre appena sotto la superficie, rende la fragilità della vita umana in qualche modo così tangibile da diventare accettabile.
Credo che i vulcani stimolino qualcosa che la sensibilità umana non è pienamente in grado di elaborare, qualcosa che si sincronizza lentamente. Una sensazione di pace si mescola a uno shock che indugia nel tempo, senza un culmine. Ci costringono a stare di fronte a un passato molto più remoto di quello che possiamo visualizzare mentalmente e a un futuro che sicuramente non riusciremo a vedere. Così, ci riportano all'unico tempo che possiamo davvero possedere.
Che cosa sta succedendo al vulcano di Stromboli
Intervista a Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani di INGV, a cura di Claudio Morelli.
CM. Dottoressa Bianco, che sta succedendo in questi giorni a Stromboli?
FB. Quelle che osserviamo da una settimana a questa parte sono fenomenologie un po’ diverse da quelle che vediamo quotidianamente attraverso le nostre strumentazioni, dove osserviamo delle esplosioni con cadenza ritmica, più o meno ogni quindici minuti. Abbiamo capito che il vulcano era in una nuova fase, ma non nuova in senso assoluto, nel senso che abbiamo già osservato questi fenomeni negli anni. Durante questo ultimo periodo di attività abbiamo visto aprirsi bocche eruttive nella zona della Sciara del Fuoco, a quote più basse rispetto all’area craterica principale, a 700 metri, poi diventata inattiva; a 510 metri, diventata inattiva anche quella e poi a 485 metri. Sono bocche che stanno dando vita a emissioni laviche, in un fronte di colata di circa 200 metri, che si incanalano nella stessa Sciara e danno anche luogo a rotolamento di massi verso il mare. Queste attivazioni a quote sempre più basse sono fenomeni che fanno uscire lo Stromboli da una fase rutinaria, questo però non vuol dire che non siano fenomeni che già sono stati osservati in passato.
CM. Quindi a Stromboli c’è un’attività quotidiana, anche quando non osserviamo fenomeni come quelli di questi giorni…
FB. Esattamente, lo osserviamo noi dalle nostre sale operative ma lo osservano anche i turisti che arrivano al mattino presto sull’isola a bordo dei traghetti. Quello di oggi è un fenomeno scientificamente interessante perché nei vulcani a condotto chiuso i segnali sono tanti e molto intensi. Sui vulcani come Etna e Stromboli no; nel 2019 a Stromboli durante l’attività ordinaria, in maniera del tutto inaspettata, ci fu un parossismo: un’esplosione e un flusso piroclastico che si incanalò verso la Sciara del Fuoco e consideriamo che nel mare in prossimità della sciare del fuoco c’erano alcune imbarcazioni
CM. I flussi piroclastici, appunto…
FB. I flussi piroclastici* sono fenomeni che hanno segnato la variazione nello stile eruttivo in questa recente fase. Ma anche questo, come detto, è un fenomeno che a Stromboli abbiamo già visto.
CM. La Protezione Civile nel frattempo ha innalzato il livello di allerta a rosso.
FB. Dobbiamo considerare che i vulcani siciliani sono molto diversi da quelli napoletani, che sono vulcani a condotto chiuso, che danno vita a fenomeni diversi. Nel caso dei vulcani napoletani i livelli di allerta di tipo organizzativo e operativo sono strettamente legati ai livelli di osservazione scientifico dei fenomeni che possono dar luogo alla previsione di possibili eruzioni. Con i vulcani siciliani funziona in modo diverso, poiché la loro natura di vulcani a condotto aperto, come abbiamo già detto, da vita a fenomeni continui e anche improvvisi, di conseguenza le autorità e in particolare la Protezione Civile possono innalzare i livelli di allerta e prendere decisioni di prevenzione e di sicurezza in maggiore autonomia. Tutto ciò perché le variazioni possono essere più improvvise e meno prevedibili di quelle che avvengono nei vulcani a condotto chiuso come i Campi Flegrei o il Vesuvio.
CM. Possiamo comunque escludere che i flussi piroclastici, come quelli che abbiamo visto, interessino i centri abitati?
FB. Stiamo parlando di fenomeni naturali, che di per sé hanno la caratteristica di non poter essere previsti con una certezza assoluta. La nostra esperienza in merito a ciò che è già accaduto, la posizione delle bocche eruttive e la stessa morfologia dell’isola ci suggeriscono che i flussi piroclastici tendono a incanalarsi lungo la zona della Sciara del Fuoco e a dirigersi verso il mare, dove però in passato abbiamo visto la presenza di imbarcazioni, tanto è vero che sono state emesse già da tempo ordinanze per interdire la navigazione in quell’area. Bisogna sempre avere rispetto e attenzione per i fenomeni naturali e in particolare per i vulcani.
*I flussi piroclastici sono nubi di materiale eruttivo ad alta temperatura che hanno un grande potere distruttivo sia per l’impatto di tipo meccanico che hanno su ciò che incontrano, per l’alta temperatura e per la saturazione di gas delle quali sono composte.
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L’eruzione delle ansie
Roberto Marone, imprenditore e co-editore di Poster, riporta le sue sensazioni, quelle delle persone che ha incontrato, il suo punto di vista e alcuni episodi che gli sono occorsi in questi giorni sull’isola di Stromboli.
di Roberto Marone
In questi giorni il vulcano di Stromboli è parecchio riottoso. Per chi non lo sapesse, lo Stromboli è uno dei vulcani più attivi del mondo, e ha un tipo di eruzione talmente particolare che infatti viene detta “stromboliana”, in tutto il mondo. Anche i giapponesi dicono “stromboliana” (chissà come lo dicono). In genere fa degli sbuffi, molto frequenti, ogni 10 o 20 minuti. Come dei fuochi d’artificio perenni.
Ogni tanto capita che aumenti la pressione nella camera magmatica, cioè il pancione con dentro la lava, e invece di “spruzzare” comincia a colare lava dai fianchi. Strabocca, in pratica. Lo fa ogni due o tre anni, insomma molto frequentemente per essere un vulcano. In questi giorni, cosa non molto usuale, ha aperto 3 bocche di lava che si riversano in mare. Di solito sono una, o due. Insomma strabocca più del solito. La protezione civile ha visto questi dati, e questo evento, e ha dichiarato “allerta rossa”. E’ un allerta per le autorità competenti, ovvero più controlli, più personale, più attenzione. Per noi persone comuni, non cambia nulla.
Io, per motivi di lavoro e miei, sono a Stromboli. Ha cominciato a fare queste bave di lava mentre facevo un aperitivo. C’era un po’ più di fumo del solito, ma insomma nulla che allarmava. Abbiamo continuato a fare l’aperitivo serenamente. Dopo un po’ cominciano ad arrivarmi telefonate di parenti, messaggi di amici, colleghi, eccetera. Tutti preoccupatissimi: «Stai bene?» Io pensavo si riferissero alla notte prima, dove sempre qui a Stromboli era venuto un temporale fortissimo, allagamento ovunque, strade chiuse. Una brutta notte. Io ero in casa e aprendo la porta la strada era un torrente. Due anni fa, un’alluvione simile aveva sepolto intere case, e distrutto molte cose. Insomma era stata una notte in cui siamo stati tutti molto preoccupati.
Per cui rispondo alla prima telefonata allarmata (mio padre) dicendo: «è piovuto tantissimo, ho avuto paura mi si allagasse la casa, ma fortunatamente pochi danni». E lui: «ma no il vulcano, hai visto i giornali?». Io, che stavo serenamente bevendo il mio aperitivo sotto i fumi del vulcano, chiudo la telefonata e apro i giornali.
La parola “allarme rosso” era piaciuta tantissimo. STROMBOLI: ALLARME ROSSO. Alcuni giornali dicevano che ci stavano evacuando (io stavo bevendo la mia birretta). Insomma la classica storia dei giornali di oggi. Dei media, in genere. Vendere una merce oggi facilmente vendibile: la paura, l’ansia. Si vende di un facile, che nemmeno la cocaina negli anni 80. Mi toccano due ore abbastanza infernali. A rasserenare tutti (parenti e amici). E poi siccome organizzo una sorta di Festival qui, avevo 80 persone “iscritte” - biglietti fatti, pronte ad arrivare - da rassicurare. In modo anche un po’ goffo e buffo (perché io mica sono un vulcanologo) e nessun vulcanologo nemmeno sa se domani il vulcano fa qualche scherzo. Quindi non sapevo bene che dire, non è che potevo dire “tranquilli”, manco fossi un veggente.
Però ecco, dalla mia birretta, e dalla gente intorno a me, non è che vedessi panico. ALLARME ROSSO.
Stamattina (venerdì ndr) ci siamo tutti svegliati che il vulcano si è calmato, la bava di lava si è fermata, e non c’è più fumo. I miei amici sono saliti su nei sentieri a vedere la colata (non proprio il massimo della sicurezza). Ma la curiosità e il fascino richiama più di ogni cosa. Mi hanno detto che le onde “arrotolavano” la lava. Il rosso, nel mare. E la sera il molo era stracolmo di gommoni che portavano la gente da mare a vedere lo spettacolo. La lava, di notte, che scende in acqua. Il richiamo umano della natura. Senza nessuna diffidenza. Insomma, qui le persone se la stavano vivendo serene.
Poi accadono due cose “divertenti”. Ci chiama un tipo - qui abbiamo anche un locale, dove appunto si tiene il festival - che come fosse un cliente che voleva prenotare ci comincia a fare mille domande: «ma i clienti ci sono ancora? Ma posso venire o è pericoloso? Ma avete chiuso?» La mia manager del locale, sempre più basita, risponde in modo cordiale come si fa ai clienti. Alla fine di questa telefonata , il tipo fa: «sono un giornalista, possiamo pubblicare questa telefonata come un’ intervista?» Un’intervista ansiogena celata dietro la telefonata di un cliente. Ovviamente ci siamo rifiutati. Tre ore dopo mi ferma un importante TG nazionale, con telecamera e tutto. E mi chiede di fare un intervista. Io gentilmente dico di si. La giornalista, domanda testuale: «avete paura qui sull’Isola? Vede spavento? Conosce persone che se ne sono andate?» Io, piuttosto stizzito (i giornali mi avevano fatto passare 3 ore da incubo, e la domanda mi sembrava da idioti), e in più conoscevo solo gente che stava cercando di andarci più vicino possibile. Con grande serenità guardo in camera e dico: «nessuna paura o spavento, siamo tutti sereni e abituati al vulcano. C’è grande calma, e per chi ci guarda, non cedete agli allarmismi dei media» La giornalista mi guarda incazzata nera e mi fa: «ma le pare? Di certo questa non possiamo pubblicarla». Ma tu pensa, chi l’avrebbe mai detto. E io, sereno la guardo e le rispondo: «non avevo nessun dubbio guardi, lei non vuole raccontare nulla, nessun fatto, ma solo la paura e l’ansia. A me non interessa giocare al suo gioco, arrivederci».
Torno a casa un po’ nervoso. L’isola ovviamente ne viene danneggiata, noi che ci lavoriamo ne subiamo le conseguenze. E penso che il vulcano sono secoli e secoli che non fa danni alla popolazione che vive qui. Lui “sputa”, mentre qui per secoli hanno coltivato capperi e uva. E mentre oggi facciamo l’aperitivo. Non ci vuole male. Qui lo chiamano IDDU. Lui. Come fosse il grande padre, o il grande saggio, o un dio. Per me, che vengo qui da decenni, è una gigante bestia buona. Mentre i media sono piccole bestie fastidiose. Pronte ad abbeverarsi all’ansia collettiva, ad alimentarla, a cibarsene. Ogni giorno, si svegliano, per infondere paura. L’avvistamento dello squalo a Ponza, il nuovo virus in Indonesia, la molestia della ragazza a Potenza, l’incidente del bus in Pakistan, il licenziamento senza giusta causa. L’elenco delle nostre paure, scroll dopo scroll.
Più sei ansioso, più l’algoritmo ti proporrà ansiogeni. Più te li proporrà, più diventerai ansioso. Click dopo click, view dopo view, giorno dopo giorno, creando un popolo di ansiosi, preoccupati di qualunque cosa, spaventati dal mondo. Incapaci di sognare, di pensare, di desiderare. Bloccati, impauriti, da tutto. L’ansia ti fa guardare in basso, indietro, ma mai davanti. Sposta il mondo lontano dai desideri, e quindi dalla vita. E cosi fra questi pensieri stanotte passeggiavo fra le vie buie, sotto le stelle, stasera persino senza luna. Guardando il bagliore rosso in alto lassù. E immaginando quanta lava sta finendo in mare, rossa, nel blu nero della notte. Una meraviglia. E pensando anche a quanto quell’eruzione sia in fondo desiderio, energia, voglia. Fuoco. Vita. Invece che paura.
Poi guardo il mio telefono, e cosa “erutta” il mio telefono, e capisco una volta e per tutte quale dei due cose, realmente, dovrebbe farci più paura.
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