Poveglia. La Venezia che non si vende
Dieci anni fa i cittadini veneziani realizzarono un'offerta pubblica per salvare il piccolo isolotto della laguna veneta dalla privatizzazione. Oggi comitati e associazioni continuano a lottare.
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Testo e foto di Patrick Tombola
L’alto campanile dell’isola di Poveglia la rende riconoscibile da molto lontano. Per i naviganti che partono dal centro storico di Venezia è la bussola che permette loro di riconoscere il Sud, guidandoli attraverso un groviglio di canali e secche, arterie vive dell’ecosistema lagunare. Allo stesso modo il movimento popolare di Poveglia per Tutti è diventato un faro per tutte le realtà cittadine che cercano di opporsi all’economia del turismo di massa e alla privatizzazione speculativa. Nel 2014 una raccolta fondi partita dal basso, inizialmente quasi per gioco, è riuscita a strappare l’isola ai privati, dopo che l’area - demaniale - era stata messa all’asta: tecnicamente un invito ad offrire senza dovere di cessione. Il tentativo aveva l’obiettivo di scongiurare la svendita, con l’ottenimento di una concessione di 99 anni, facendola diventare un simbolo per il futuro della vita pubblica dei Veneziani.
Dieci anni dopo, nei primi giorni afosi della metà di giugno, quasi un migliaio di persone ha raggiunto le rive di Poveglia, per celebrare l’anniversario di quello che, ancora oggi, vive come il maggior successo per quella cittadinanza attiva che ha intenzione di difendere il territorio veneziano dagli interessi speculativi che da anni tengono in ostaggio la città. Durante la giornata il bosco rigoglioso ha accolto opere teatrali e di mimo, con centinaia di spettatori, giocolieri e clown. Sotto le fronde di un grande albero si distribuiva zuppa di cozze e tacos di spezzatino e verdure. Nel frattempo un gruppo musicale ha fatto ballare gli astanti a ritmo di pizzica, trasformando la piccola radura davanti al moletto d’arrivo in una zona concerto.
La proposta dei comitati di cittadini veneziani di fare una offerta “di cittadinanza” per restituire l’isola alla vita pubblica fece il giro del mondo. Aderirono 50mila tra veneziani (e non), che misero sul piatto 160mila euro. Per uno strano scherzo del destino, l’associazione si trovò a competere all’asta con la società interinale Umana Spa di Luigi Brugnaro - che diventerà poi sindaco del Comune di Venezia - la quale fece un’offerta di 513mila euro per realizzare un centro per i disturbi alimentari. Il Demanio decise di non vendere più l’isola ma si rifiutò al contempo di darla in concessione ai cittadini, anche dopo un giudizio del TAR del 2018 a favore di Poveglia per Tutti. Dal 2015 ad oggi lo stesso Brugnaro, forte di un importante consenso elettorale da parte della “terraferma” - le zone non lagunari di Venezia, come Mestre - non si è dimostrato molto collaborativo con organizzazioni cittadine, coinvolgendole poco nei processi decisionali sul futuro della città.
Dietro alla “sagra anomala” - questo il nome che gli attivisti hanno dato all’evento - e il comitato Poveglia per Tutti, non c’è solo una grande forma di attivismo e volontariato, ma anche una organizzazione strutturata che mette a sistema le capacità e le risorse dei singoli cittadini che ne fanno parte. Durante i primi anni, diversi gruppi di lavoro - costituiti da 9 tavoli tecnici in cui 40 persone qualificate - hanno elaborato una serie di criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica che hanno permesso di portare avanti progetti concreti per la rivalutazione dell’isola. Oggi i gruppi di lavoro si sono ridotti e lavorano in modo indipendente per perseguire gli obiettivi fondamentali dell’organizzazione, tenuti insieme da un comitato direttivo. I progetti vengono presentati in riunioni plenarie annuali alle centinaia di soci e discusse in modo collegiale. «Sono stati dieci anni di alti e bassi» dice Fabrizia Zamarchi, l’attuale presidente del gruppo. «Abbiamo sperimentato un metodo partecipativo molto efficace, senza bisogno di una gerarchia basata su singoli individui». Allo stesso tempo il gruppo ha impiegato tempo e risorse cercando, inutilmente, di coinvolgere le istituzioni nazionali e locali, ottenendo scarsissimi risultati. «Da parte delle istituzioni ci sono poche idee e poca fiducia nei cittadini, che vengono visti più come un ostacolo che come soggetti con cui collaborare» continua Zamarchi «le istituzioni non sono interessate a collaborare con noi cittadini, sono più interessate a vendere i beni dei cittadini per una pippa di tabacco (una cosa di poco valore ndr)». Secondo il direttivo di Poveglia per Tutti lo strumento legislativo per una collaborazione con la cittadinanza però c’è: le possibilità per farlo sono indicate dall’art. 118 della Costituzione laddove si ribadisce che lo Stato «favorisce l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
Per quanto riguarda l’isola di Poveglia, l’ammontare della spesa sostenuta di recente dal Magistrato alle Acque per le opere di messa in sicurezza delle rive toccava la soglia di 20 milioni di euro, trasformando la potenziale vendita al miglior offerente (513mila euro) in una perdita erariale enorme ai danni dello Stato. Nel frattempo continua la speculazione sulla Laguna Veneta. L’isola di Santo Spirito poco distante da Poveglia è in questi giorni all’asta per 9 milioni di euro da una società che l’aveva acquistata per 350mila euro dal Demanio Militare nei primi anni 2000. Il tremila percento in un ventennio durante il quale l’isola è rimasta abbandonata, rimanendo, quindi, sottratta alla popolazione.
In tutta la Laguna, negli ultimi anni, si è assistito nel tempo ad una inesorabile svendita delle isole piccole e grandi, sottratte in via definitiva all’uso e all’accesso pubblico. Tessera, Carbonera e Crevan privatizzate da molto tempo, sono attualmente in vendita a prezzi che non vanno sotto la soglia dei 5 milioni. San Clemente, Sacca Sessola, La Grazia sono state già vendute a privati che le hanno trasformate in alberghi, per lo più di lusso. La vendita di questi beni pubblici è spesso dettata da logiche del taglio dei costi e di cosiddetta “valorizzazione” del patrimonio pubblico in seguito a crisi economiche e tentativi di risanamento del debito attraverso la vendita di immobili statali.
Da antico insediamento a fortificazione, guardia della bocca di porto di Malamocco; da centro florido e popoloso a luogo di sosta per le imbarcazioni; da stazione sanitaria marittima ad ospizio. Poveglia ha spesso cambiato aspetto e funzione ma ha storicamente mantenuto la sua centralità nella vita pubblica della parte sud della laguna. Dal 1968 è diventata una delle mete preferite per le gite dei lagunari. Composta da tre piccoli isolotti, per un totale di 7 ettari, è divisa tra una parte verde e boschiva, una con strutture pericolanti abbandonate e un piccolo ottagono artificiale per scopi difensivi. Ora la parte verde dell’isola sta venendo trasformata gradualmente in parco pubblico ed orto urbano, dove bambini e adulti si ritrovano mensilmente per raccogliere spazzatura e gestire la folta vegetazione, secondo criteri di ecosostenibilità e condivisione degli spazi pubblici.
Una delle sfide maggiori, secondo Fabrizia Zamarchi, sta nel coinvolgere giovani nel direttivo futuro dell’organizzazione in modo continuativo, cosa di per sé non facile in una città che si sta velocemente spopolando e dove l’età media si aggira attorno ai 50 anni. Il numero di residenti è da poco sceso al di sotto della soglia dei 50mila, meno della metà di quanti ne contava Venezia negli anni ‘70. Nell’ultimo mezzo secolo, l’aumento del costo degli affitti e la mancanza di un mercato del lavoro (fuori dell’ambito turistico) hanno spinto sempre più giovani a lasciare Venezia a favore delle grandi città Italiane o estere. Sono molti gli universitari che si interessano a Poveglia come progetto urbanistico e sociale, ma sono pochi quelli che restano alla fine degli studi facendo di Venezia il loro progetto di vita.
Da oltre vent’anni Venezia assiste ad una sistematica vendita del suo patrimonio edilizio a favore di privati per scopi di lucro, trasformando in modo permanente il tessuto sociale della città. Ovunque in città comitati insorgono contro tentativi speculativi e molti sperano che il relativo successo di Poveglia per Tutti sia un segnale di cambiamento di rotta.
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