Arrampicati sugli alberi a lottare per il bosco.
A Vicenza gli attivisti No-Tav lottano contro la costruzione di un tratto ferroviario "occupando" gli arbusti. È nata la sezione Poster #Napoli. Questa settimana nuova puntata di Fare Cura.
I boschi di Lanerossi e Ca’ Alte, nel quartiere Ferrovieri a sudovest di Vicenza probabilmente sarebbero già scomparsi se ad aprile di quest’anno un gruppo attivisti locali non avesse occupato l’area. Da allora le strade del vicinato sono un susseguirsi di bandiere No Tav issate ai balconi delle case e affisse alle finestre dei negozi. Gli attivisti ritengono quei luoghi una linfa vitale per un quartiere schiacciato tra la zona industriale, la rete ferroviaria, i raccordi stradali e i caseggiati.
Testo e foto di Patrick Tombola
Siamo nel cuore pulsante di una delle battaglie ambientali in questo momento più simboliche in Italia, che vede un ampio spettro di società civile contrapposto ai piani di RFI (Rete Ferroviaria Italiana del gruppo FS Italiane), che prevede l’abbattimento di diverse migliaia di metri quadri di verde urbano all’interno del progetto Alta Velocità / Alta Capacità. Dell’Assemblea del bosco, che coordina la protesta, fanno parte il comitato del quartiere dei Ferrovieri, il Coordinamento salute ambiente e territorio (Cast); l’associazione Civiltà del Verde; i centri sociali Caracol e Bocciodromo; il gruppo vicentino di Fridays for Future, con l’appoggio di Italia Nostra, Legambiente e molti altri.
Nei mesi successivi ad aprile, gli attivisti hanno costruito piattaforme e passaggi di legno, fino a 8 metri d’altezza, raggiungibili in solitaria grazie ad un sistema di corde auto-bloccanti insegnato loro da attivisti tedeschi, reduci da anni di lotta ambientalista per preservare il famoso bosco di Hambach. «Abbiamo deciso di entrare e di salire sugli alberi perché l’idea è che quella che se tirano giù gli alberi devono tirare giù anche noi» dice Elena Guerra, una delle principali promotrici del gruppo ed attivista del centro sociale Bocciodromo, accanto al bosco. Da allora, spiega Elena, una rete di pensionati, casalinghe, gestori di bar, studenti e lavoratori della zona si tengono in contatto Whatsapp e qualora notassero pettorine o ruspe nei dintorni, attivano decine di persone che si fiondano sugli alberi, di fatto bloccando qualsiasi iniziativa. Un sistema di protesta non violenta che, per il momento, prolungato la vita di circa 25mila metri quadri di bosco in un contesto urbano.
Camminando nei boschi si sentono i raggi del sole di un sabato autunnale; il suono del vento tra fronde di alberi alti e giovani e il cinguettio degli uccelli. Le pareti della fabbrica abbandonata Lanerossi sono appena visibili sotto la coltre di piante rampicanti. Il muschio e piccoli arbusti hanno aperto varchi nel suolo di cemento. A guardare questo paesaggio viene da pensare ad un passaggio del celebre libro Il mondo senza di noi del giornalista Alan Wiseman, un saggio su come la natura si riapproprierebbe della terra se gli umani scomparissero all’improvviso: «senza di noi, la Terra vivrà e durerà; senza di lei, però, non potremmo nemmeno esistere. Senza di noi, la Terra recupererà il suo stato naturale e sarà come se non fossimo mai esistiti».
L’intero quartiere Ferrovieri, storicamente operaio e popolare, nella zona sudovest di Vicenza, verrebbe completamente stravolto dal progetto. Si prevede la demolizione di cento unità immobiliari, con la conseguente espropriazione che coinvolgerebbe circa 200 famiglie. Costo: quasi 2,2 miliardi di euro per 6,2 km di linea. Questo progetto, affermano gli attivisti, arriva dopo decenni di aggressivo disboscamento urbano di Vicenza, oltre alle problematiche di inquinamento da PFAS, sostanze chimiche cancerogene che nel corso del tempo si accumulano nei corpi umani e nell'ambiente. Entrambi questi fenomeni hanno aumentato la vulnerabilità della città all’inquinamento ed hanno avuto un forte impatto sulla salute dei suoi abitanti. Questi boschi agiscono da filtro, proteggendo le zone residenziali da quelle industriali limitrofe. Il bosco, infatti, restituisce ogni anno 3 tonnellate di ossigeno alla città. Le epidemie di bronchiolite, polmonite e bronchite “da smog”, che hanno visto negli ultimi anni decine di bambini ricoverati – anche in condizioni gravi – nei reparti pediatrici della città, hanno destato particolare preoccupazione. Meno zone verdi - e più cemento - significano meno ossigeno e più CO2. Già nel 2023, Vicenza era tra le 10 città con il maggior inquinamento dell’aria in tutta Italia. Nei periodi estivi, inoltre, l'assenza di aree verdi rende le zone urbane meno resilienti in termini di temperatura. Fotografie termiche rivelano come ad agosto ci sia stata, in media, una differenza di ben 6 gradi tra le aree urbane boschive Lanerossi e Ca’ Alte e quelle cementificate limitrofe.
Oltre all’indiscutibile importanza ecologica dei boschi, la loro funzione comunitaria è venuta progressivamente a galla secondo Marco Zilio, anche lui attivista. Secondo Elena si è anche riscoperto il valore della della memoria: «non c’è solo il bosco, ma anche la fabbrica che ha una valenza storica enorme per la città di Vicenza; chi non ci lavorava aveva il padre che ci lavorava, c’è un valore emozionale molto forte, chiunque ha una storia da raccontare».
A chi accusa il movimento No Tav vicentino di non voler l’opera solo perché “nel loro cortile” (dall’Inglese Nimby o not in my backyard), Elena risponde che non contestano il TAV perché è “a casa loro”, ma perché considerano sproporzionati i costi ambientali e sociali rispetto ai benefici. Elena assicura che la loro sarà solo una resistenza passiva a beneficio di tutta la comunità. A complicare le cose potrebbe esserci il nuovo ddl sicurezza, ancora da approvare in Senato, che mira a criminalizzare alcune attività di dissenso pacifico qualora interessi grandi opere di valore strategico. «Legarsi ad un albero non sarà contro il ddl, però questa è un’opera strategica; i nostri avvocati stanno studiando bene il disegno di legge e noi agiremo di conseguenza» dice Elena. «Se uno di noi venisse punito, andremo fino alla Cassazione. Purtroppo però qualcuno di noi potrebbe dover pagare personalmente». Molti nel gruppo parlano del ddl Sicurezza come l’esempio lampante del cosiddetto “diritto penale del nemico”. Continua Elena: «Si punisce chiunque non si conformi al potere. A partire dai migranti, dai lavoratori e dai sindacati fino a chi fa le lotte ambientali e lotte per la casa, definendo i soggetti in modo così preciso che si parla persino di una norma ribattezzata “anti Ilaria Salis”».
Gli attivisti considerano di coinvolgere il maggior numero di persone, anche in altre zone di Vicenza. Il 2 dicembre ci sarà un dibattito aperto al pubblico di altri quartieri su spazi collettivi, mobilità alternativa e sostenibile e saranno proposte petizioni al fine di chiedere studi più approfonditi sull’impatto della TAV. Nonostante la lotta appaia come quella di Davide contro Golia, Elena ne enfatizza i successi: «questi boschi non dovevano più esistere a maggio, siamo a ottobre e siamo circondati dal verde. C’è l’assoluta volontà di opporci».
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