Fare Cura
Prima newsletter-manifesto di Fare Cura, il nostro spazio bisettimanale per rispondere al desiderio di stare nel nostro tempo, mettendo nei nostri corpi ciò che pensiamo, speriamo e in cui crediamo.
di Valentina Barletta
Esiste un’intelligenza collettiva, che in-forma e dà struttura alle nostre idee, arricchisce costantemente la nostra creatività e le nostre esperienze di vita. Sembrerebbe costitutivo dell'essere umano, un meccanismo neurobiologico di adattamento e, dunque, evolutivo.
Fare cura nasce da lì, dal desiderio di stare nel nostro tempo, un tempo-spazio come ci dice la fisica moderna. Fare nel senso di incarnare e cioè mettere nei nostri corpi e nel nostro agire quello per pensiamo, speriamo, in cui crediamo. È una restituzione, un modo per stare nelle relazioni.
La biografia di Valentina è alla fine di questo testo, insieme ai riferimenti bibliografici e ad alcuni consigli. Fare Cura è un nuovo progetto di Poster. Se non lo hai ancora fatto ti consigliamo di iscriverti a questa e le altre nostre newsletter che ti interessano.
Missione salute
Di salute si parla tantissimo (chiunque e dovunque), dai consigli casalinghi alle auto diagnosi/auto aiuto, la salute è diventato un altro carico privato e spesso un parametro per valutare la nostra performance, in un sistema sanitario, sociale e lavorativo ormai al disastro. Siamo, nostro malgrado, ingranaggi di un modello economico e politico che ci vuole produttivi, sempre impegnati, dinamici, mai pigri, socievoli, consumatori e felici. Verrebbe da pensare a un sistema che ci vuole sani mentre ci ammala. Dormiamo male; mangiamo in fretta prodotti preconfezionati; camminiamo e stiamo poco in natura - non ne abbiamo il tempo - passiamo la maggior parte delle nostre giornate in uffici sotto luci artificiali. Abbiamo palestre aperte 24 ore al giorno e assumiamo Vitamine D, C, B e altre integrazioni varie, come in una specie di penitenza per il senso di colpa della vita alla quale è davvero difficile sottrarci.
«Una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l'assenza di malattia o infermità», così descrive il concetto di salute l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), meritevole di avere attribuito un peso al fattore sociale e psichico nella percezione del benessere rispetto al passato. Ma l'ambizione stessa di questa definizione mi pare rischiosa. Basterebbe almeno sostituire quel «completo» con un più mite «più o meno» per rendere la cosa alla nostra portata. Senza sentirci in colpa nei confronti del positivismo, direi che così invece è decisamente poco coerente coi tempi che viviamo, nei quali non è in salute il pianeta che abitiamo e non è in salute il “corpo abitante”. Penso all'ecofemminismo di Donna Haraway, al suo libro Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto; alle sue idee di solidarietà e cooperazione inter-specie come via per una cura collettiva. Perché se vogliamo riflettere sulla salute e la cura, non possiamo non affrontare il tema ambientale, sociopolitico ed economico al fine di porci nuove domande in termini di salute collettiva.
La Malattia contemporanea
Senza il bisogno di scomodare i dati ISTAT viviamo in un tempo in cui le patologie croniche la fanno da padrone, almeno per quel che riguarda il mondo occidentale: ipertensione, artrosi/artrite e malattie allergiche sono in testa. A seguire: osteoporosi, bronchiti e diabete, tutte patologie che non “guariscono” ma con le quali si convive. Patologie spesso collegate all'età, a dimostrazione del fatto che si vive di più. E poi c'è tutto il mondo delle patologie degenerative e del sistema nervoso: Parkinson, Alzheimer, sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica (SLA); ma anche le patologie oncologiche in fase terminale, patologie ad oggi “non guaribili”, ma non per questo “non curabili”. La medicina contemporanea svolge un’incredibile ricerca in ambito farmacologico mettendo a disposizione prodotti sempre più efficaci, tollerabili e spesso più sostenibili per gestione economica (evidentemente mal gestita dal SSN). Ma quali risorse mettiamo in campo quando non abbiamo un farmaco che ci guarisce, quali innovazioni tecnologiche per la cura?
In ambito riabilitativo si parla molto di neuroplasticità e attività motoria, ma è molto difficile trarne conclusioni che soddisfino i criteri di evidenza scientifica. Sono, inoltre, in fase di studio e sviluppo tecnologie capaci di stimolare specifici circuiti neuro adattivi e compensativi per la gestione del dolore cronico e della neurodegenerazione. Al contrario, ci occupiamo poco di prevenzione. Eppure, sempre più spesso, i fattori come inquinamento ambientale, alimentazione e stile di vita mostrano un impatto più o meno rilevante nei meccanismi di esposizione alla patologia (oncologica, neuro degenerativa). Alla base di diverse situazioni patologiche sono stati individuati meccanismi comuni come infiammazione, autoimmunità, de-regolazione neuroendocrina. Sappiamo ancora troppo poco, ma se avessimo maggiori risorse e maggiore attenzione per la ricerca, immagino quanto potremmo comprendere meglio questi meccanismi e, soprattutto, come poterli utilizzare in termini di prevenzione primaria e secondaria. È come sempre una questione politica.
Filosofia della cura
Per Luigina Mortari professoressa alla Scuola di Medicina e Chirurgia Università di Verona e coordinatrice del gruppo di ricerca Melete, la cura rientra nelle «cose essenziali» per la vita umana. Ha a che fare con il nostro stare con gli altri, perché «consiste nell'essere una pratica che accade in una relazione (...). Nella sua essenza è etica» e riassume quelle che definisce quattro posture etiche che sono: responsabilità, generosità, rispetto e coraggio.
Come medico credo che dovremmo riflettere non solo in quanto comunità scientifica ma anche con un rinnovato approccio umanistico e filosofico sull'etica della cura e sulle nuove malattie: cosa ci sta ammalando e quali sono le implicazioni e le conseguenze di tutto questo? In Fare Femminismo, Giulia Siviero ripercorre la storia delle pratiche femministe tra collettivi, informazione, solidarietà e auto-aiuto, attraverso le quali le donne sono riuscite a riappropriarsi di quello spazio che la medicina moderna aveva loro strappato, relegando la cura ad una dimensione domestica, lontana dal mondo tutto al maschile della scienza. Anche Giorgia Serughetti, professoressa di filosofia politica all’Università Milano-Bicocca - che si occupa di genere, movimenti femministi e filosofia della cura - nel suo testo Utopia della Cura, scritto con Laura Fano Morrissey, antropologa sociale e ricercatrice indipendente, ci racconta di esperienze di cooperazione contemporanee, di pratiche politiche trasformative all'interno di comunità italiane e non solo, facendo luce sulle storie umane dei singoli e delle loro collettività; sulle difficoltà ma anche sulla ricchezza di queste esperienze, per molte e molti davvero salvifiche e rigeneranti.
Una proposta di cura medica.
Sono una fisiatra, lavoro con le patologie croniche, patologie che ci impongono una riorganizzazione di vita soprattutto in relazione alle eventuali limitazioni funzionali e in termini di indipendenza. Per il medico e per il paziente questa parte progettuale è la cosa più difficile da immaginare e proporre. Dobbiamo fare i conti con la frustrazione della cronicità, la rinuncia all'onnipotenza della guarigione (che sia chirurgica o farmacologica), dobbiamo fare i conti con la vulnerabilità del nostro paziente che, inevitabilmente, ci fa incontrare la nostra. Vulnus è la ferita: per prima c’è quella ombelicale, cioè quella che deriva dalla nostra prima relazione di sopravvivenza.
Siamo in una relazione, dobbiamo accettare che abbiamo bisogno degli altri, di una rete. Cosa posso fare come medico, cosa manca nel processo di cura, chi sono i soggetti coinvolti? Partiamo da qui, la relazione di cura, per essere efficace, si dovrebbe articolare tra il medico e il paziente, ma anche tra le persone che gravitano intorno a questi due soggetti. Ognuno con le sue specifiche responsabilità: nessun soggetto è passivo. Da una parte ci sono i consulenti e team multidisciplinari, poiché il singolo professionista dovrebbe poter interagire, crescere e costruire un modello di cura personalizzato e incentrato sulle risorse del paziente. Risorse residue rispetto alla patologia eventualmente invalidante, risorse nuove compensative delle aree lese, che siano neuro-motorie o cognitive o cardio-metaboliche. Dall'altra parte dobbiamo considerare uno scenario sociale: chi c'è intorno alla persona malata; in che contesto abitativo e urbanistico vive e si muove; quale rete familiare e affettiva - ma anche lavorativa - la sostiene. Perché in ognuno di questi ambiti si annidano ostacoli, ma anche risorse e comprendere la realtà che abbiamo di fronte è fondamentale per potercene prendere cura. Riprendiamoci lo spazio dell'ascolto. Un esempio nella medicina ci è fornito da alcune sensibilità, per esempio in ambiti specifici come quello delle cure palliative domiciliari. Ne ha parlato al festival In-con-tro di Vidas - organizzazione no-profit che si occupa di assistenza ai malati inguaribili - la dott.ssa Giada Lonati, medico specialista in cure palliative e direttrice sociosanitaria di Vidas. Nelle giornate organizzate da Vidas e ospitate dal teatro Parenti di Milano si è parlato di paura, fragilità, libertà e, in qualche modo, si è creata, soprattutto, comunità. La solitudine sociale e affettiva è un problema che riguarda i processi di cura, così come, troppo spesso, manca il tempo per conoscere il paziente oltre l'esame obiettivo. Giada Lonati ci racconta che l'università di medicina non ti forma in questo senso, all’espressione «mantenere una distanza» preferisce «mantenere una vicinanza». Parallelamente, l'evoluzione di una medicina sempre più in chiave ultra-specialistica, rischia di essere un boomerang per la cura dei nostri malati, come ci ricorda il dott. Vittorio Lingiardi - psichiatra e parte del Comitato Scientifico di Vidas - che, sempre al festival, ha presentato il suo libro in uscita con Einaudi Il corpo, umano, citando T.S. Elliot: «dov'è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov'è la conoscenza che abbiamo perso nelle informazioni?».
Sappiamo che la salute psichica è al centro dell'attenzione e che questo ha un grosso impatto sulla salute dei nostri corpi. La Cura è una responsabilità personale, ma anche una responsabilità collettiva e politica. Quando abbiamo smesso di considerare tutto questo alla base della ricerca e delle pratiche mediche?
Dovremmo ritornare dunque ad ascoltare noi stessi, i nostri corpi; a riconoscere i nostri bisogni e i nostri tempi; ad accoglierci e rispettarci; a fare comunità, a cooperare. Ripartire dalle passioni, dalla sim-patia e dalla com-passione, che sono all'origine della giustizia, come ci propone Elena Pulcini in Tra Cura e Giustizia, suo ultimo libro. Elena Pulcini è stata una filosofa italiana, docente di filosofia sociale presso l'Università degli Studi di Firenze, impegnata nell'osservazione e nello studio delle trasformazioni del nostro tempo e dell'individualismo contemporaneo, oltre che della teoria delle passioni e dell'etica della cura. «La cura deve diventare uno stile di vita» ha detto Elena Pulcini, ed è da qui che vorrei partire.
Valentina Barletta è anche su Instagram
Sono un medico, mi sono specializzata in fisiatria a Napoli, dove sono cresciuta negli anni novanta. Da sempre studio e metto in pratica le discipline orientali di cura, lo shiatsu, le ginnastiche mediche cinesi e l'agopuntura. Con la mia amica-sorella Laura abbiamo fondato Chef Gomasio, cominciando a cucinare nelle case dei napoletani, per qualche ristorante, ai concerti, agli eventi e nelle occasioni speciali. Poi abbiamo aperto un piccolo locale a Milano, nel frattempo ho lavorato come insegnante di cucina per Slow Food, e per l'Alleanza dei Cuochi.
Negli ultimi anni ho focalizzato la mia attenzione sulle “pratiche somatiche” partecipando a gruppi di ricerca e laboratori su ascolto e movimento in natura, a pratiche di yoga e meditazione. Nel mio lavoro quotidiano, in un reparto di neuro-riabilitazione, cerco di portare questo studio e queste esperienze.
Fare cura nasce dal bisogno di sentirmi a casa e di raccontare questo spazio ritrovato; esplorare insieme le pratiche di salute e di cura, come azione politica per vivere e condividere le nostre esperienze, i nostri amori, le nostre famiglie. Questo è uno spazio di riflessione e di spunti pratici, consigli di lettura, esplorazioni e pratiche quotidiane per prenderci cura di noi stessi e della collettività.
Testi citati:
Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto. Donna J. Haraway, Produzioni Nero, 2019 Traduzione Clara Ciccioni, Claudia Durastanti,
Tra Cura e Giustizia. Elena Pulcini in, Bollati Boringhieri, 2020.
Fare femminismo. Giulia Siviero, Cronache Nottetempo 2024
Il corpo, Umano. Vittorio Lingiardi Einaudi 2024
Utopie della cura La politica trasformativa delle pratiche di comunità. Giorgia Serughetti e Laura Fano Morrissey, Castelvecchi, collana a cura di Marina Calloni/ Rigenerazioni
Filosofia della cura. Luigina Mortari Raffaello Corrina Editore 2015
Spazi di cura e ricerca:
ROMA
Da Mandala Soriano ASD, via Albalonga 8, Roma; potete trovare il laboratorio “Esploriamo il Movimento”, uno spazio dove sperimentare le possibilità del nostro corpo a cura di Valentina Cozzolino. Tutte le date a cui potete partecipare: Sabato 26 Ottobre, Domenica 17 Novembre, Sabato 30 Novembre, Domenica 15 Dicembre.
Per maggiori informazioni e prenotare il laboratorio, chiamare: +39 347 5247277
valentina.cozzolino@gmail.com - www.mandalasoriano.it
MILANO
Alla fondazione Prada di Milano dal 16 Ottobre 2024 e fino al 7 aprile 2025, potete trovare la nuova edizione di “Preserving the Brain, a call to action” parte del progetto “Human Brains” che la Fondazione dedica dal 2018 alle neuroscienze per la prevenzione delle malattie neuro degenerative.
La Casa delle Donne di Milano, il 28 Ottobre dalle ore 18:30, ospita uno spazio di riflessione su “GPA (gravidanza per altre/i) reato universale”, in via Marsala 8/10.a per partecipare potete scrivere a:
info@casadonnemilano.it - casadonnemilano.it
Sabato 30 Novembre e domenica 1 Dicembre, da LachesiLab in via Porpora 43/47 Milano, potete prendere parte ad un laboratorio di cura attraverso la pratica somatica: “Corpo Mondo” a cura di Cinzia Delorenzi, per partecipare o avere informazioni, scrivere a info@teatrodellemoire.it
REGGIO EMILIA
Sabato 9 e Domenica 10 Novembre “Corpo Mondo” presso SPAZIO B, in Viale dei Mille 28/E Reggio Emilia, potete partecipare ad un seminario di ricerca su movimento, creazione e cura attraverso la pratica somatica. Il laboratorio è a cura di Cinzia Delorenzi.
Per informazioni sul laboratorio e prenotazioni: info.neonaps@gmail.com
Da recuperare online:
A proposito di mondo animale, se ve li siete persi, dovete assolutamente recuperare i corti di Isabella Rossellini “GreenPorno” sulla riproduzione nel mondo animale, sulla piattaforma Mubi.
Su Rai RadioTre il podcast: “La cura”, una raccolta di conversazioni intorno alla pandemia, potete ascoltare l’episodio 18 con ospite Elena Pulcini che ci parla di vulnerabilità e di politiche di collettività, contro le politiche di immunità. Un progetto su rai radio 3 a cura di Elisabetta Parisi, con Matteo Sinibaldi e scelte musicali a cura di Giovanna Natalini.
Sul canale Youtube di Vidas_cure palliative, potete ritrovare le registrazioni delle diverse talk dell’ultimo Festival di VIDAS, “Incontri su Paura e Libertà”.